ritratto in bianco e nero di Matilde Serao.
Storia

Matilde Serao, Parla una donna: un diario di guerra femminile

I diari di guerra della prima direttrice del giornale italiana

Il ricordo della Prima Guerra Mondiale, dei suoi eventi e delle sue conseguenze, delle sue vittime e dei suoi vincitori, resta ancora oggi molto vivido. Le storie dei soldati e delle loro famiglie continuano a essere raccontate e divulgate di generazione in generazione.

Questo blog della Biblioteca nazionale centrale di Roma riporta una di quelle tante storie: Parla una donna di Matilde Serao è infatti una raccolta di articoli sulla Prima guerra mondiale.

fotografia ritratto in bianco e nero di Matilde Serao.

Matilde Serao è stata giornalista e scrittrice. Nata in Grecia, da padre italiano e madre greca, dovette trasferirsi in Italia quando era ancora una bambina.

È stata la prima donna a dirigere un giornale italiano, fondando insieme al marito Il Corriere di Roma. Entrambi, successivamente, istituirono e diressero anche Il Mattino e, nel 1904 nacque Il Giorno, il giornale personale di Matilde Serao.

Autrice di numerosi romanzi, la Serao è stata canditata sei volte al Premio Nobel per la letteratura.

Parla una donna: diario femminile di guerra, maggio 1915 - marzo 1916 fu pubblicato proprio nel 1916 da Treves, editore milanese. L’opera non è altro che una raccolta di articoli della stessa autrice pubblicati all'inizio della guerra su Il Giorno.

copertina del libro «Parla una donna».

Il diario, che risale al periodo compreso tra il 25 maggio 1915 e marzo 1916, si rivelò un'opera di grande rarità e interesse non solo perché il lettore scopre la guerra attraverso lo sguardo di una donna, ma anche perché raccontando della guerra, l’autrice parla in realtà di donne.

Da giornalista, la Serao documenta i primi mesi del conflitto, mettendo in risalto il contributo delle donne italiane.

La scrittrice ci tiene a precisare sin da subito che il libro non è «scaturito dalla penna di un'autrice: ma a parlare è una donna», una donna che è madre di Antonio, Paolo e Vittorio: i suoi figli che furono chiamati alle armi e a cui lei dedica il suo libro.

testo tratto dal libro Parla una donna.

Pertanto, il libro è rivolto alle donne, chiamate «sorelle», che, come la Serao, hanno pregato Dio affinché «il calice amaro della guerra venisse allontanato» dalle loro labbra e affinché tutti si salvassero dagli orrori di quella tragedia.

L'autrice voleva dar voce alla «bellezza dell'eroismo oscuro» e alle «gesta della virtù femminile», a prescindere dallo status socio-economico.

In particolare ammira le donne che lavorano: le contadine che sostituiscono gli uomini nei campi, le donne di provincia che cuciono le calze di lana ai soldati, le donne italiane all'estero, le madri, le mogli e le fidanzate che sorridono mentre accompagnano i soldati in partenza per poi vivere nell'attesa agonizzante di ricevere loro notizie.

Tutte queste donne, la cui vita è stata sconvolta dalla guerra, hanno deciso di sacrificarsi in silenzio - a differenza di molte altre che la Serao definisce «nullità femminili», che hanno approfittato del tragico momento per mettersi in mostra e far sfoggio della propria vanità.

Tuttavia, la scrittrice si chiede chi apprezzerà queste manifestazioni di virtù femminile, di coraggio quotidiano: «chi premierà questo valore sconosciuto? Dio vede, ma il mondo è cieco».

Matilde Serao stessa dà il suo contributo: legge alle madri le lettere dei loro figli in guerra, fa visita ai feriti negli ospedali e si fa raccontare le loro storie, anche se i soldati preferiscono sempre parlare delle imprese altrui invece che delle loro.

A muovere l’autrice non è che il solo e unico desiderio di collezionare storie.

Ne è una prova un aneddoto in particolare. Durante uno dei suoi viaggi di ritorno da Roma a Napoli, il treno è pieno di ufficiali dell'esercito italiano con l'uniforme grigio-verde. Mentre la Serao è intenta a conversare con alcuni soldati rimasti feriti, viene colpita da un tenente dal colorito pallido che bisbiglia di continuo tra sé e sé «Se solo fossi ferito...», dispiacendosi di far ritorno verso casa «come una femminuccia» e di non aver riportato alcuna grave lacerazione a differenza dei suoi compagni di guerra, sebbene fosse stato colpito da una granata.

Il diario si conclude con l'attesa della primavera, che purtroppo sarà ancora contrassegnata dalla guerra, ma la donna italiana «scorge, attraverso la sua anima profetica, oltre la stagione delle lacrime e del sangue, il bagliore della pace».

Si chiude così il suo libro, rivelando il pacifismo della Serao. Prima della guerra, con il suo giornale Il Giorno, aveva assunto una posizione neutrale: agli albori del conflitto, ne condanna infatti tutti i mali. Tuttavia, con Parla una donna offre esempi positivi di tante donne sconosciute che con impegno e umanità hanno dato il loro silenzioso contributo in un momento così tragico.


Traduzioni: Angelica Giallombardo, Fondazione Europeana