Una prospettiva femminile
Le donne nei dipinti
Come le donne d’arte hanno assunto il controllo della propria immagine attraverso l'autoritratto
Come le donne d’arte hanno assunto il controllo della propria immagine attraverso l'autoritratto
Prima della macchina fotografica, c'era la tela. E prima dell'autoritratto, c'era il ritratto.
Quando pensate alle donne, ai ritratti e all'arte, quali sono le prime cose che vi vengono in mente? Forse la Gioconda (1503), La ragazza con l'orecchino di perla (1665), La nascita di Venere (1480)? È vero che si tratta di opere iconiche. Ma è anche vero che ritraggono la donna vista attraverso lo sguardo di un uomo, come una musa idealizzata e oggettualizzata. E non, come ha sottolineato secoli dopo la poetessa Christina Rossetti, "così com'è".
La poesia "In an Artist's Studio" (Nell’atelier di un artista) esprime il punto di vista di Christina Rossetti, secondo cui "ogni tela possiede / Lo stesso e unico significato". Nei molti dipinti dell'atelier dell'artista, Christina Rossetti vede sempre e solo "un volto" o "una medesima figura". Vede tante donne ridotte a una sola identità, che viene mostrata "non come è realmente, ma come soddisfa il suo (dell’uomo-artista) desiderio".
Un volto si affaccia da tutte le sue tele,
Una medesima figura è seduta o cammina o si appoggia:
L'abbiamo trovata nascosta dietro quei pannelli,
Quello specchio ci ha restituito tutta la sua bellezza.
Una regina in abito di opale o di rubino,
Una ragazza senza nome al fresco di una verde estate,
Una santa, un angelo - ogni tela ha lo stesso significato
Lo stesso significato, né più né meno.
Egli si nutre del suo volto di giorno e di notte,
E lei, con occhi sinceri e gentili, lo guarda,
Bella come la luna e gioiosa come la luce:
Non è avvizzita dall'attesa, non è offuscata dal dolore;
Non com'è, ma come era quando la speranza splendeva luminosa;
Non com'è, ma come soddisfa i suoi desideri. "
Christina Rossetti, In an Artist's Studio (1856)
L'autoritratto divenne popolare nel periodo rinascimentale e non è difficile intuire perché le artiste lo considerassero tanto importante. Le donne, finalmente, non dovevano più essere rappresentate nell'arte solo attraverso lo sguardo di un uomo. Avevano l'opportunità di mostrarsi e di raccontarsi da sole.
Uno dei primi autoritratti femminili - e il primo autoritratto di un artista al lavoro al cavalletto - fu realizzato da Caterina van Hemessen, una giovane pittrice fiamminga del Rinascimento. La sua importanza è data dal fatto che l’opera ritrae un artista con i suoi strumenti in un'epoca in cui era più comune per gli artisti ritrarsi in ambienti diversi. Le parole sul dipinto si traducono in "Io, Caterina degli Hemessen, mi dipinsi nel 1548 all'età di 20 anni".
Uno degli autoritratti femminili più famosi è quello dell'artista barocca Artemisia Gentileschi, in cui si ritrae come “Allegoria della pittura" (1639). L’audace dipinto metteva in luce temi femministi. All'epoca non era una consuetudine per le donne svolgere una professione e quindi, rappresentandosi al centro dell'arte, l'artista stava lanciando un messaggio forte e importante. Anche se gli strumenti del mestiere sono ben in vista, a catturare l'attenzione è la postura attiva e la centralità della Gentileschi. È come se la cogliessimo assorta nella sua arte e ignara di essere osservata.
Una grande artista francese del XVIII e XIX secolo è Élisabeth Vigée Le Brun (1755-1842). Dipinse molti autoritratti, mentre i suoi ritratti erano molto apprezzati dall'aristocrazia e dai reali d'Europa, in particolare da Maria Antonietta. Gli autoritratti la rappresentano spesso in abiti alla moda e in pose che rafforzano la sua figura di artista di successo. Lo si vede chiaramente nel dipinto seguente: piume, tessuti di lusso e la sua tavolozza di colori.
La pittrice espressionista tedesca Paula Modersohn-Becker (1876-1907) è stata la prima donna a realizzare autoritratti di nudo e ad avere un museo dedicato alla sua arte. Fu anche la prima a dipingere un autoritratto di una donna incinta, riportato in basso, rivelatosi un'opera rivoluzionaria per la sua epoca. In esso si può notare la semplicità delle sue forme. In piedi su uno sfondo verde chiaro, la parte superiore del corpo è scoperta, tranne che per una collana d'ambra. La vita è avvolta da un panno bianco. Il braccio destro poggia sopra il ventre rigonfio, il braccio sinistro sembra sostenerlo dal basso. Tuttavia, Modersohn-Becker non era incinta quando l'ha dipinto. Quindi, la donna nel quadro si sente pronta ad accogliere una nuova creatura o si tratta di una metafora che incarna la nascita di una nuova versione di se stessa?
E naturalmente, se parliamo di donne, arte e autoritratti, non possiamo non menzionare Frida Kahlo (1907-1954), artista messicana famosa soprattutto per gli autoritratti che esaltano la sua identità culturale e la sua unicità. L'artista ha parlato della motivazione che la spingeva a realizzare autoritratti, affermando quanto segue:
"Faccio autoritratti perché spesso mi trovo da sola, perché sono la persona che conosco meglio".1
In questo quadro, l'artista ci guarda dritto negli occhi mentre inizia a scomparire nella natura. Foglie verdi e rigogliose le fanno da sfondo, mentre farfalle delicate e libellule si posano o volano intorno a una corona, simile a un nido, tra i suoi capelli. Intorno al collo una collana di spine lascia delle tracce di sangue; il ciondolo a forma di colibrì potrebbe simboleggiare la guerra. Non si capisce se il gatto nero alle calcagna e la scimmia siano suoi amici o nemici.
Come si può notare dai dipinti sopra riportati, le donne utilizzavano l'autoritratto nelle arti visive già molto prima dell'invenzione della macchina fotografica, giunta nel 1822. Ma cosa accadde allora? Andate al secondo capitolo per scoprire le prime fotografie scattate dalle donne.