Una prospettiva femminile
“Così com’è” - l’autoritratto femminile
Come le donne ricercano l'autenticità e l'identità attraverso la fotografia
Come le donne ricercano l'autenticità e l'identità attraverso la fotografia
La possibilità di cattare delle foto è a portata di mano. Nel vero senso della parola. Ci sono circa 8 miliardi di persone 1 nel mondo e 6.8 miliardi di loro hanno uno smartphone 2, che possono tirare fuori in ogni momento per farci un selfie o fotografare l'ambiente circostante.
È quasi impossibile tenere il conto di quante foto vengono scattate ogni giorno, ma secondo uno studio sono circa 2,3 miliardi, di cui il 4% (cioè 92 milioni) sono selfie.3 Si tratta di oltre 1.000 foto al secondo.
"Selfie" è stata la parola dell'anno nel 2013, nel 2014 lo è diventata su Twitter e negli Stati Uniti e nel Regno Unito le è stata persino dedicata una giornata nazionale, il 21 giugno. Quindi, pare che i selfie siano un tema importante.
Le donne ne fanno molti di più rispetto agli uomini: da 1,5 a 8,6 volte in più, secondo lo studio preso in considerazione.4
Ma come mai?
Nella prima parte di questa mostra abbiamo visto come le pittrici si siano rifatte all'autoritratto per esprimere la propria immagine e per fornire una visione alternativa a quella maschilista, comune nell'arte dell'epoca. Ma come sottolinea la poesia di Christina Rossetti, diversi secoli dopo, la visione maschilista era ancora forte. Quindi, potrebbe l'avvento della fotografia effettivamente realizzare il desiderio di Christina Rossetti di mostrare la donna "per quello che è"?
Non molto tempo dopo che le donne iniziarono a scattare fotografie, iniziarono ad autofotografarsi.
Nel 1856, l'italiana Virginia Oldoini - conosciuta come la Contessa di Castiglione - iniziò a dirigere la composizione di autoritratti fotografici. Era considerata la donna più bella dell'epoca e si pensava che fosse "affascinata dalla propria bellezza".
Ma non era una bellezza passiva. La Contessa di Castiglione divenne direttrice artistica di se stessa, utilizzando la fotografia per cercare di riprodurre momenti importanti della sua vita, scegliendo anche il vestiario, lo sfondo e le inquadrature. Si occupava anche della post-produzione del suo lavoro, aggiungendo colori alle foto per migliorarle, realizzando bellissime opere multimediali.5 Tendeva a scrivere istruzioni dettagliate sul retro delle foto per ricordarsi come dovevano essere ritoccate nella versione finale.
Ad esempio, l'immagine che segue era uno studio per una versione dipinta più grande. Gli appunti della contessa indicano che voleva che il ritratto mostrasse "I resti di un ballo in cui è scoppiato un incendio. Un lampadario sul pavimento e tutti in fuga. Abito di raso bianco splendente, uva nera e rossa con foglie rosse e verde scuro".
Vediamo ora una coppia di fotografi che, a differenza della contessa di Castiglione, solo di rado hanno puntato la fotocamera su di sé, guadagnandosi da vivere fotografando gli altri.
Josefina Rydhom (1827-1880) gestì uno studio fotografico a Uddevalla, in Svezia, nella seconda metà del XIX secolo. Il suo studio realizzava ritratti di persone del posto e paesaggi della città. In questo autoritratto, la donna mostra la sua macchina fotografica in una posa piuttosto rilassata e informale. Un gomito è appoggiato sull'apparecchio, mentre l'altra mano sembra giocherellare con un bottone o una collana.
L'artista polacca Olga Boznańska (1865-1940) è stata una famosa ritrattista di società. Era nota per la sua eccezionale capacità di creare sembianze psicologiche dei suoi modelli sui suoi dipinti. Lo stile vivace ed espressivo di Boznańska si evince anche nei numerosi autoritratti che realizzò nel corso della sua vita.
Le fotografie di Boznańska trasmettono una forte fiducia in se stessa e una personalità artistica. Il suo splendido ritratto del 1893 riportato di seguito riprende l'artista ventottenne in posa in un ambiente molto stilizzato, con in mano un ombrellino giapponese e affiancata da un vaso blu e bianco, con i capelli raccolti e lo sguardo rivolto lontano dall'obiettivo.
Fotografata alcuni anni dopo nel suo studio di Monaco, Boznańska è in posa tra i suoi dipinti, seduta in basso vicino al pavimento con abiti scuri che guarda direttamente verso lo spettatore con un'espressione candida e schietta. Come se dicesse: "Eccomi, sono un'artista e questo è il mio mondo".
Piuttosto che essere un mezzo per mostrare un sé femminile autentico (qualunque esso sia), molti artisti e fotografi usano l'autoritratto per giocare e manipolare la presentazione di quel sé. Lo sfruttano per fare domande, per studiare, per scoprire cosa c'è e cosa manca.
Nel suo lavoro, l'artista giapponese Kimiko Yoshida affronta la questione secondo la quale non esiste un autoritratto. L'artista afferma quanto segue:
Ogni [mia] fotografia è in realtà una manifestazione di scomparsa. Non è un'enfatizzazione dell'identità, ma il contrario: un annullamento dell'identità.6
Nella sua opera, The Neolithic Bride, vediamo Yoshida raffigurare se stessa 9.000 anni fa - una maschera in cui si cela un'ombra, con un occhio aperto che non guarda verso di noi, ma distoglie lo sguardo. In questo caso abbiamo diversi livelli di identità: uno luminoso e solido, ma antico, l'altro reale, ma oscuro e tenebroso, che formano un quadro sconcertante.
Ma che li si veda come dimostrazione di autenticità o di immaginazione, di celebrazione o di narcisismo, di controllo o di manipolazione, di creazione o di distruzione, gli autoritratti offrono alle donne l'opportunità di esercitare un controllo sulla propria identità, per quanto fugace.
E il selfie - di solito un'istantanea più veloce sia a livello di realizzazione che di fruibilità rispetto all'autoritratto di un artista - offre a tutti noi l'opportunità di sperimentare e condividere con gli altri le molteplici sfaccettature della nostra identità.
Nella foto successiva, vediamo un classico tipo di selfie - ne vediamo parecchi come questi che riempiono il feed della nostra home sui social.
Questa è Annamia Olvmy, davanti a un cielo azzurro e a un sole splendente. Anche se abbiamo già visto molti selfie simili, ogni singolo scatto racconta la sua storia e per Annamia questa fotografia rappresenta un momento speciale:
Mi trovo in mezzo al nulla, durante un viaggio di lavoro. In continua crescita. Ho scoperto un nuovo pensiero che ho deciso di abbracciare: la trasparenza interiore ed esteriore. E ho trovato una roccia vicino alla foresta su cui mi piace sedermi. Mi manca mio figlio, tanto che è quasi un dolore fisico. Una settimana è già troppa. PS So che ci sono degli alpaca che vivono a poca distanza da qui, potrei andarci. Magari per un saluto.
Quale versione di voi rappresentereste in un autoritratto? Una versione autentica di ciò che siete in questo momento? Una parte di voi che tendete a nascondere? Sfruttereste l'occasione per esprimere un'idea o un giudizio sulla società? Vorreste far ridere, sorridere o piangere gli altri? Ci piacerebbe vedere i vostri selfie e autoritratti ispirati a questa mostra. Seguiteci sui social e condivideteli usando l'hashtag #WomensHistory.
1 https://www.worldometers.info/world-population/
2 https://www.oberlo.co.uk/statistics/how-many-people-have-smartphones
3 https://photutorial.com/selfie-statistics
4 https://photutorial.com/selfie-statistics e https://theconversation.com/i-studied-5-000-phone-images-objects-were-more-popular-than-people-but-women-took-way-more-selfies-150080
5 https://www.metmuseum.org/toah/hd/coca/hd_coca.htm e vedi anche https://www.dailyartmagazine.com/virginia-oldoini-star-photography/
6 https://time.com/3789386/ceremonies-of-disappearance-kimiko-yoshidas-critique-of-identity/